sabato 30 ottobre 2021

Spacelander bike: una bici del futuro disegnata nel 1960

Benjamin George Bowden era un designer inglese. Progettava auto e biciclette. Spacelander è una sua creatura, un insuccesso dal punto di via commerciale - ne furono vendute solo 522 esemplari - ma oggi un oggetto di culto da parte dei collezionisti. Fu realizzata in soli 5 colori: nero, bianco, verde, blu e rosso. Venne messa sul mercato con un costo di 89,5$, un prezzo molto alto se confrontato con altri modelli. Visse una nuova vita nel 1988 quando venne riproposta al pubblico con alcune migliorie, tra cui una maggiore durabilità, e venne venduta per 4.000$!




sabato 23 ottobre 2021

Enza Sampò al Festival di Sanremo

 “..mi arrivò, inaspettata, una chiamata per il Festival di Sanremo. Visto che eravamo sotto la data della manifestazione, ho sempre pensato che qualcuno doveva aver rinunciato..” “C’era Paolo Ferrari, adorabile. Fatto Sanremo hai fatto la televisione. Lì ebbi la contestazione dei discografici. Del regolamento poteva parlare Ferrari, perché maschio. Io facevo il riassunto delle canzoni e l’annuncio delle canzoni ma smorzavo gli applausi. Lì c’era la claque, io invece annunciavo, uscivo e via. I discografici impazzivano. Vinsero Dallara e Rascel con Romantica”. Intervista a Enza Sampò da Sette allegato al Corriere della Sera del 22 ottobre 2021. 



mercoledì 20 ottobre 2021

Fortunato Depero in mostra a Rovereto

Artista unica nella storia del design italiano e internazionale, Fortunato Depero muore a Rovereto (TN) nel 1960 e lascia al Comune il suo archivio personale. Il MART gli rende omaggio con una mostra di oltre 500 opere dal titolo “Depero New Depero”, in programma dal 21 ottobre 2021 al 13 febbraio 2022. 

Clicca per maggiori informazioni: https://www.mart.tn.it/mostre/depero-new-depero-138825

Da La Lettura, Corriere della Sera, 30 ottobre 2021





 



sabato 16 ottobre 2021

Il fenomeno dei radiodrammi

I radiodrammi sono della trasposizione di testi teatrali adattati alla radio. Nascono negli anni Venti in Inghilterra per poi arrivare anche in Italia. La loro notorietà va di pari passo con la diffusione degli apparecchi radio nelle famiglie. Nel dopoguerra, molti autori famosi si sono cimentati nei radiodrammi: Eduardo de Filippo, Vasco Pratolini, Sandro Bolchi, Primo Levi, Giuseppe Patroni Griffi.

Le teche Rai c’è né offrono una ricca raccolta: https://www.raiplayradio.it/playlist/2019/02/1960-419db435-ce9b-4b5e-a712-b776e21583c4.html 

sabato 9 ottobre 2021

7 dicembre: si apre la stagione alla Scala

Orgoglio bergamasco il 7 dicembre 1960 in occasione della tradizionale serata alla Scala di Milano. La rappresentazione di quella serata magica fu il Poliuto di Gaetano Donizetti. A dirigere l’orchestra il maestro bergamasco Gianandrea Gavazzeni. Regia di Herbert Graf. Maria Callas interpreta Paolini, moglie di Poliuto. Visconti ritirò la firma dallo spettacolo, perché la censura gli aveva bloccato una rappresentazione teatrale della compagnia Morelli Stoppa, andata in scena senza problemi a Roma. Erano un po’ di anni che la divina Callas non si esibiva nel Teatro scaligero a seguito di un litigio con Ghiringhelli, nel 1958, il sovrintendente della Scala.

Da YouTube https://youtube.com/watch?v=w0EkItxqgRY&feature=share la versione integrale del Poliuto.

domenica 3 ottobre 2021

1960, un tuffo nell’Italia che sognava (di Giuseppe Matarazzo da Avvenire)

Riporto qui di seguito l’articolo apparso il 6/12/2016 su Avvenire.it a firma di Giuseppe Matarazzo che recensisce il libro di Alfio Caruso, 1960 ed Longanesi. 

Il Pil cresce dell’8,3%, dopo due anni in cui ha segnato il +5,3 e il +6,6. Il Financial Timesassegna alla lira l’Oscar delle valute. Crediamo nel frigorifero, la porta magica che si apre e illumina il cibo, ma anche nella televisione e nella lavatrice. Si gira spensierati in Vespa. E la macchina diventa a portata di tutti: spopolano le utilitarie a guscio d’uovo della Fiat, la 500 e la 600. E con la diffusione dell’auto scatta la gita fuoriporta e il picnic domenicale, cantando Volare. Vengono inaugurate la Genova-Ventimiglia, la Brescia-Verona, la Bologna-Firenze e da lì a poco sarà completata l’autostrada del Sole che unisce Milano a Napoli. I bambini vanno a letto dopo il Carosello, trasmissione cult del Programma Nazionale della Rai. Debutta il calcio radiofonico di Tutto il calcio minuto per minuto e con esso il pallone diventa un mito che rimbalza dai campi di serie A a quelli dei dilettanti. Nei teatri la sfida è fra Renata Tebaldi e Maria Callas, mentre sul grande schermo scorrono le immagini della Dolce vita, il capolavoro di Federico Fellini con Marcello Mastroianni e Anita Ekberg in una Roma magica e sognante, pronta a ospitare le Olimpiadi. Benvenuti nel 1960, (forse) il migliore anno della nostra vita. Per chi c’era e pure per chi ancora non era nato. L’anno in cui l’Italia raggiunge l’apice del boom economico. A raccontarlo – senza dubbi e senza “forse”, in maniera dettagliata e assai gustosa – è lo scrittore Alfio Caruso (1960, Longanesi, pagine 352, euro 18,60). Un viaggio fulminante e meraviglioso che coinvolge, fa sognare e rimpiangere – di fronte all’ultima analisi del Censis dei giorni scorsi («il Paese è bloccato e sfiduciato») – anni in cui l’Italia aveva il futuro davanti. Un lavoro che nasce da un sentimento – lo ammette l’autore – di «nostalgia»: «eravamo ottimisti, fiduciosi, pieni di sprint, eravamo certi che oggi era meglio di ieri, il domani sarebbe stato meglio di oggi e il dopodomani addirittura strepitoso; ci si innamorava non tanto e non solo delle attrici, ma delle loro avventure, delle loro storie che seguivamo sulle cronache dei rotocalchi. La guerra era davvero alle spalle e si viveva una vita coniugata al futuro». Una tensione positiva che scorreva, simbolicamente, al cinema. «In pochi mesi – ricorda Caruso – il numero di pellicole prodotte e poi passate alla storia fu impressionante: dopo la Dolce vita, ecco Rocco e i suoi fratelli di Visconti, Tutti a casa di Comencini, La ragazza con la valigia di Zurlini, il Bell’Antonio di Bolognini, La ciociara di De Sica. Furono staccati 748 milioni di biglietti, oggi è un miracolo se si arriva a 100 milioni, e se è vero che la tv non era ancora diffusissima nelle case, sul grande schermo andava in onda un sogno collettivo. Il cinema era un vecchio amico, del quale ci si fidava a occhi chiusi. È stata una stagione irripetibile». 

Caruso sciorina storie e aneddoti, passa dalla politica alla cronaca e al costume, fotografando la società in maniera puntuale e scanzonata, sulla scia anche delle battute di Ennio Flaiano e Marcello Marchesi: «Essere o benessere? ». «Perché non tutti sono convinti della bontà di questo boom e del bisogno di tutti questi “beni”. Sull’Avanti lo scrittore Luciano Bianciardi, il sottovalutato autore della Vita agra, prende di mira “l’epidemia del sabato” che colpisce le donne milanesi: il tic del borsellino e la mania di svuotare i supermercati». Una epidemia che si ferma a… Eboli: perché fu in realtà un boom a metà, di mezzo Paese, con il Sud sempre indietro a inseguire: malgrado la Cassa per il Mezzogiorno, istituita nel 1950 con una dotazione di 1000 miliardi di lire (17,5 miliardi di euro), nel Meridione in dieci anni sono diminuite la produzione industriale (dal 14,9 al 14,6%) e la parte di pertinenza del Pil (dal 23,4 al 21,2%, quote rimaste simili fino a oggi). Così milioni di braccianti, contadini, operai salgono speranzosi con le loro valigie di cartone sul treno “Freccia del Sud” per cercare fortuna al Nord (obiettivo Fiat, Eni, Olivetti, Falck, Edison...) o all’estero (come faranno 360mila paisà): «In cima alle preferenze c’è il Canada. Lo aveva capito in anticipo Mario Panzeri autore del fortunatissimo motivetto Casetta in Canadà. Tuttavia le difficoltà non chiudono lo spazio alla leggerezza. E se la settimana è stata dura, poi arriva il giorno di festa, della passeggiata con l’abito buono, dei pasticcini da portare a casa. Il liet-motiv lo dà il refrain del motivetto che conclude Il musichiere, la trasmissione di maggiore successo del periodo: Domenica è sempre domenica». 

Ma qual è il ricordo personale di Caruso del 1960, bambino di 10 anni in Sicilia? «I 200 metri del campione olimpico Livio Berruti, una vittoria mitica, simbolo della corsa italiana. E poi il giro d’Italia: vivevo a Catania e guardare il giro in tv era come viaggiare nel Paese. Anche se l’anno si aprì proprio con una notizia tristissima sul mito del ciclismo e che oscurò il sole di quei momenti magici. L’annuncio lo diffusero i notiziari radio il 2 gennaio dopo le 10: “È morto Fausto Coppi”. La notizia del decesso sconcertò prima ancora di addolorare. I quotidiani del mattino avevano pubblicato alla bell’e meglio la notizia del ricovero di Coppi, il giorno prima in ospedale. Fausto veniva descritto cosciente: uscendo da casa aveva raccomandato al figlioletto Faustino di essere ubbidiente con la mamma, Giulia Occhini, la Dama Bianca. Poteva andarsene così il “campionissimo”, l’“uomo solo al comando”? Era il più grande ciclista di tutti i tempi, più di Bartali. Ma insieme a Bartali e al Torino di Valentino Mazzola aveva acceso la fantasia di un Paese massacrato dalla guerra e voglioso di riscatto. Quella morte fu un terremoto, ma non spense le speranze. Fu quasi un passaggio di consegne, dal tempo della bicicletta a quello dell’auto. Si poteva correre di più. L’Italia ce la poteva fare». 

Cosa resta ora del 1960? «Niente… Non resta niente – risponde Caruso –. Anzi no – riprende senza cedere al pessimismo –, ci restano Mina e Celentano. Da poco hanno pubblicato un nuovo album insieme. Allora il “ribelle” Celentano incarnava il ruolo di battistrada del cambiamento. Era un teddy boy, come i ragazzi poco di buono in Inghilterra, che cantava Il tuo bacio è come il rock. E poi c’era Mina, diciannovenne della buona società cremonese: per il canto aveva abbandonato il collegio di suore e la scuola. Durante una vacanza in Versilia si arrampicò sulla prestigiosa pedana della Capannina e da lì spiccò il volo. Da Be bop a lula a Nessuno ha conquistato la scena. La sua cofana in testa era una rivoluzione anche del costume… Ma c’è una lezione che possiamo imparare da quella stagione: l’importanza di credere in noi stessi. Eravamo più poveri di oggi, ma c’era un tale ottimismo… Mi ricordo la festa quando arrivava un elettrodomestico a casa, non parliamo dello scaldabagno. Adesso non abbiamo bisogno di cose. Abbiamo bisogno di poter sognare ancora, di credere nelle nostre possibilità. Per poter cantare spensierati, anche oggi, Domenica è sempre domenica».

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Dominique Marceau, interpretata da una giovane Brigitte Bardot , è una ragazza di provincia liberata e la pecora nera della famiglia. Si tr...